
«Un altro uccello sacro era la Fenice.
Non l'ho mai vista coi miei occhi, se non in un dipinto, poiché è molto rara e visita questo paese (così dicono ad Heliopolis) soltanto a intervalli di 500 anni: accompagnata da un volo di tortore, giunge dall'Arabia in occasione della morte del suo genitore, portando con sé i resti del corpo del padre imbalsamati in un uovo di mirra, per depositarlo sull'altare del dio del Sole e bruciarli.
Parte del suo piumaggio è color oro brillante, e parte rosso-regale (il cremisi: un rosso acceso).
E per forma e dimensioni assomiglia più o meno ad un'aquila.» (Erodoto)
«... si ciba non di frutta o di fiori, ma di incenso e resine odorose.
Dopo aver vissuto 500 anni, con le fronde di una quercia si costruisce un nido sulla sommità di una palma, ci ammonticchia cannella, spigonardo e mirra, e ci s'abbandona sopra, morendo, esalando il suo ultimo respiro fra gli aromi.
Dal corpo del genitore esce una giovane Fenice, destinata a vivere tanto a lungo quanto il suo predecessore.
Una volta cresciuta e divenuta abbastanza forte, solleva dall'albero il nido (la sua propria culla, ed il sepolcro del genitore), e lo porta alla città di Heliopolis in Egitto, dove lo deposita nel tempio del Sole.» (Ovidio)
«Come l'araba Fenice, che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa». (Metastasio)
«È la fede delle femmine come l'araba Fenice, che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa». (Lorenzo Da Ponte)
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